C'è un momento, in molti romanzi di simenon, in cui il protagonista 'raggiunge il limite', attraversa cioè una invisibile frontiera al di là della quale l'immagine che ha di sé va in pezzi - ed egli si trova di fronte a qualcosa che somiglia molto alla verità. Così accadrà anche a petit louis in questo romanzo. Uno che si dà arie da gangster e invece è solo una mezza cartuccia. Uno che al massimo può fare il palo, o distrarre con le sue prodezze di giocatore di bocce i turisti di le lavandou, mentre i gangster veri, i marsigliesi, rapinano l'ufficio postale. Uno che non sa tenere la bocca chiusa: tant'è che, alla matura signora che quella notte se lo porta nella sua camera d'albergo, lascia intendere che di quel colpo qualcosa lui sa. Della signora (che si è presentata come contessa, ma è fasulla quanto lui e si fa mantenere da un ex funzionario delle dogane) petit louis diventa l'amante: vitto, alloggio, bei vestiti e qualche oggettino di valore gli regalano un'esistenza da mediocre gigolò che sembra appagare tutti i suoi desideri. Eppure un giorno, quando meno se l'aspetta, si troverà in mano delle carte truccate, e verrà accusato di un delitto che non ha commesso, ma in cui tutte le apparenze sono contro di lui. Solo allora, costretto a confrontarsi con una giustizia che si rivelerà 'una macchina mostruosa' decisa a stritolarlo, il piccolo, fatuo malavitoso comincerà a vivere 'la sua vera vita, la vita secondo il suo destino'.