Al commissariato di vigàta sta succedendo qualcosa: montalbano allontanato e costretto alle ferie, la sua squadra smantellata, in breve: qualcuno sta tentando di farlo fuori. Il cuoco dell'alcyon è «una iliade di guai» tutto è indecidibile, sogno e realtà, vero e falso, maschera e volto, farsa e tragedia, allucinazione e organizzata teatralità di mosse e contromosse beffarde, in questo thriller che impone al lettore, tallonato dal dubbio e portato per mano dentro la luce fosca e i gomiti angustiosi dell'orrore, una lettura lenta del ritmo accanito dell'azione. Tutti si acconciano a recitare, nel romanzo: che si apre drammaticamente con i licenziamenti degli impiegati e degli operai di una fabbrica di scafi gestita da un padroncino vizioso e senza ritegno, detto giogiò; e con il suicidio, nello squallore di un capannone, di un padre di famiglia disperato. Da qui partono e si inanellano le trame macchinose e la madornalità di una vicenda che comprende, per «stazioni», lo smantellamento del commissariato di vigàta, la solitudine scontrosa e iraconda del sopraffatto montalbano, lo sgomento di augello e di fazio (e persino dello sgangherato catarella), l'inspiegabile complotto del federal bureau of investigation, l'apparizione nebbiosa di «'na granni navi a vela», alcyon, una goletta, un vascello fantasma, che non si sa cosa nasconda nel suo ventre di cetaceo (una bisca? Un postribolo animato da escort procaci? Un segreto più inquietante? ) e che evoca tutta una letteratura e una cinematografia di bucanieri dietro ai quali incalza la mente gelida di un corsaro, ovvero di un più aggiornato capufficio dell'inferno e gestore del delitto e del disgusto. «l'alcyon [. ] aviva la bella bitudini di ristari dintra a un porto il minimo 'ndispensabili e po' scompariri». Il romanzo ha, nella suggestione di un sogno, una sinistra eclisse di luna che incombe (detto alla bernanos) su «grandi cimiteri». La tortuosità della narrazione è febbrile. Prende il lettore alla gola. Lo disorienta con le angolazioni laterali; e, soprattutto, con il tragicomico dei mascheramenti e degli equivoci tra furibondi mimi truccati da un mago della manipolazione facciale. Sorprendente è il duo montalbano-fazio. Il commissario e l'ispettore capo recitano come due «comici» esperti. «contami quello che capitò», dice a un certo punto montalbano a fazio. E in quel «contami» si sente risuonare un antico ed epico «cantami»: «cantami, o diva, del pelide achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli achei [. ]».
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1868
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