In america un procedimento giudiziario di sfratto dura circa 50 giorni. In italia si arriva tranquillamente a 630. Tre giorni è il tempo necessario per aprire una nuova impresa in danimarca. Un imprenditore italiano impiega 62 giorni. Da oltre un decennio, mentre gli stati uniti producono ricchezza, sviluppo e innovazione, l'europa attraversa una fase di stagnazione economica. Ouali le cause? Alberto alesina e francesco giavazzi offrono indicazioni decisive per interpretare la crisi del vecchio continente. L'europa ha bisogno di maggior concorrenza, non di aumentare le infrastrutture pubbliche. Iniziative pro-crescita, come l'agenda di lisbona, non risolveranno i problemi dell'europa, anzi possono essere controproducenti. Le università europee hanno bisogno di più mercato, non di più denaro. Le aziende europee hanno bisogno di meno tasse, di un mercato del lavoro meno regolato e di mercati dei prodotti che funzionino meglio, non di sussidi e protezioni. L'europa ha solo bisogno dei giusti incentivi e di rimettersi a lavorare. Deve anche prepararsi a gestire società multietniche, un tema di fronte al quale gli europei sono impreparati e che potrebbe divenire esplosivo. Questo non significa che l'europa debba semplicemente adottare in toto il modello americano: vi sono aspetti del welfare europeo che sono efficienti e debbono essere preservati. Significa che esiste una 'terza via', a metà strada tra il modello americano e quello europeo?
«in questo libro ho cercato di raccontare in modo semplice l'economia, un argomento che tocca le vite di tutti noi, spiegando come funzionano davvero le cose, dove stiamo andando e cosa possiamo fare per salvarci. Finché siamo in tempo. » (alan friedman) avrò mai una pensione? L'europa ci aiuta o ci danneggia? Chi paga il salvataggio delle banche? Capire come funziona l'economia è fondamentale se vogliamo comprendere i meccanismi che regolano i rapporti tra noi e lo stato e prendere le giuste decisioni per la nostra famiglia e per il nostro futuro.
Dal ruolo della schiavitù nell'antica grecia al 'comunismo' di platone; dall'organizzazione feudale alla rivoluzione industriale; da karl marx alla grande depressione degli anni trenta, fino allo sviluppo del mercato globalizzato nel secondo novecento: in questo testo john k. Galbraith dimostra con sorprendente chiarezza che non si può comprendere il funzionamento dell'economia contemporanea senza conoscerne la storia, perché le teorie e le scelte economiche sono sempre un prodotto dei tempi e dei luoghi in cui nascono e si sviluppano. Accompagnando il lettore attraverso curiosi aneddoti e la lucida analisi di grandi temi - dalla distribuzione del reddito alla disoccupazione -, l'autore porta alla luce l'intreccio ineliminabile che lega questioni economiche, politiche e sociali. E spiega che l'economia non può essere socialmente neutra: ha sempre il potere di determinare, nel bene e nel male, la vita di una nazione e dei suoi cittadini.
Ripercorrendo in una prospettiva asiatica la storia interna del continente e il rapporto con l'occidente, khanna indaga il significato del fenomeno geopolitico e culturale chiamato
L'europa può ancora credere in una moneta unica? Si può uscire dallo stato di paralisi che sta vivendo il vecchio continente? L'euro si può salvare? Dopo aver spiegato come le misure promosse in questi anni, specie nei confronti dei paesi in crisi, abbiano ulteriormente aumentato il divario che separa le economie piú forti da quelle piú deboli, stiglitz delinea tre possibili vie di uscita: riforme fondamentali e politiche economiche da imporre ai paesi membri; un abbandono controllato dell'esperimento dell'euro come valuta unica; oppure un coraggioso nuovo sistema definito «l'euro flessibile». Una spietata requisitoria contro l'europa che ha adottato una moneta comune senza approntare le istituzioni per sostenerla, promuovendo un'integrazione economica che corre piú veloce di quella politica. Traduzione di daria cavallini.
Questo libro apre uno squarcio importante nella storia del nostro paese e risponde a quesiti altrimenti indecifrabili che nemmeno le inchieste giudiziarie sono riuscite a chiarire del tutto. A cominciare dal delitto matteotti (1924) per arrivare alla morte di mattei (1962) e di moro (1978). Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti. Ora i documenti desecretati, che i due autori hanno consultato negli archivi londinesi di kew gardens, lo dimostrano. Da quelle carte emerge con chiarezza che non è washington a ordire piani eversivi per l'italia, come si è sempre creduto, ma soprattutto londra, che non vuol perdere il controllo delle rotte petrolifere e contrasta la politica filoaraba e terzomondista di mattei, gronchi, moro e fanfani. Il petrolio però non è il solo problema. Per gli inglesi anche i comunisti sono un'ossessione. Tanto da contrastarli con ogni mezzo. Persino arruolando schiere di giornalisti, intellettuali e politici per orientare l'opinione pubblica e il voto degli italiani. Finché si arriva al 1976, l'anno che apre al pci le porte del governo. A londra progettano un golpe. Ma l'ipotesi viene alla fine scartata a favore di un'altra 'azione sovversiva'. Si scatena così un'ondata terroristica che culmina nell'assassinio di aldo moro.
La crisi economica scoppiata nel 2008 con il fallimento della banca d'affari americana lehman brothers sembra non avere fine, in italia come nel resto d'europa: nonostante i governi e gli economisti si arrovellino sulle misure da adottare, le aziende chiudono, la disoccupazione aumenta, i consumi crollano. E la responsabilità della recessione in corso è stata addossata, di volta in volta, al mercato dei mutui statunitensi - i famigerati 'subprime' -, allo strapotere della finanza, al peso schiacciante del debito pubblico. Cambiando decisamente prospettiva, federico rampini non si chiede a 'che cosa' imputare la colpa ma piuttosto a 'chi', e senza alcuna esitazione afferma: 'i banchieri sono i grandi banditi del nostro tempo. Nessun bandito della storia ha mai potuto sognarsi di infliggere tanti danni alla collettività quanti ne hanno fatti i banchieri'. Dall'osservatorio privilegiato degli stati uniti, dove la crisi ha avuto inizio, rampini racconta chi sono i banchieri di oggi, come abbiano potuto adottare comportamenti tanto perversi, assumersi rischi così forti e agire in modo talmente dissennato da provocare un'autentica pearl harbor economica, sprofondando l'occidente nella più grave crisi degli ultimi settant'anni. E tutto questo, contando sempre sulla certezza dell'impunità. A pagare i loro errori sono infatti i cittadini dei paesi sulle due sponde dell'atlantico, e il prezzo è altissimo: crescenti diseguaglianze, precarietà del presente, paura del futuro.
L'europa può ancora credere in una moneta unica? Si può uscire dallo stato di paralisi che sta vivendo il vecchio continente? L'euro si può salvare? Dopo aver spiegato come le misure promosse in questi anni, specie nei confronti dei paesi in crisi, abbiano ulteriormente aumentato il divario che separa le economie piú forti da quelle piú deboli, stiglitz delinea tre possibili vie di uscita: riforme fondamentali e politiche economiche da imporre ai paesi membri; un abbandono controllato dell'esperimento dell'euro come valuta unica; oppure un coraggioso nuovo sistema definito «l'euro flessibile». Una spietata requisitoria contro l'europa che ha adottato una moneta comune senza approntare le istituzioni per sostenerla, promuovendo un'integrazione economica che corre piú veloce di quella politica. Traduzione di daria cavallini.
Troppe persone si sono arricchite sfruttando gli altri invece che creando ricchezza. Le vere fonti della ricchezza e della crescita, per stiglitz, sono gli standard di vita, basati su apprendimento, progresso della scienza e tecnologia e le regole del diritto. Il consolidamento del potere del mercato specie nella finanza e nell'industria tecnologica ha portato a un'esplosione della disuguaglianza. La situazione è drammatica: poche corporations dominano interi settori dell'economia, facendo impennare la disuguaglianza e rallentando la crescita. La finanza ha scritto da sola le proprie regole; le compagnie high-tech hanno accumulato dati personali senza controllo e il governo americano ha negoziato accordi commerciali che non rappresentano gli interessi dei lavoratori. Troppe persone si sono arricchite sfruttando gli altri invece che creando ricchezza. Le vere fonti della ricchezza e della crescita, per stiglitz, sono gli standard di vita, basati su apprendimento, progresso della scienza e tecnologia e le regole del diritto. Gli attacchi al sistema giudiziario, universitario e delle comunicazioni danneggiano le medesime istituzioni che da sempre fondano il potere economico e la democrazia. Tuttavia, per quanto ci si possa sentire indifesi oggi, non siamo, tutti noi, senza potere. In effetti, le soluzioni economiche sono spesso chiare. Dobbiamo sfruttare i benefici del mercato ma nello stesso tempo domare i suoi eccessi, assicurandoci che lavorino per noi cittadini – e non contro di noi. Se un numero sufficiente di persone sosterrà l'agenda per il cambiamento delineata in questo libro, può non essere troppo tardi per creare un capitalismo progressista che realizzi una prosperità condivisa.