A stoccolma malaparte incontra il principe eugenio, fratello del re di svezia. E nella villa di waldemarsudden non può trattenersi dal raccontare ciò che ha visto nella foresta di oranienbaum: prigionieri russi conficcati nella neve fino al ventre, uccisi con un colpo alla tempia e lasciati congelare. È solo la prima di una fosca suite di storie che, come un novellatore itinerante, malaparte racconterà ad altri spettri di un'europa morente: ad hans frank, generalgouverneur di polonia, a diplomatici come westmann e de foxà, a louise, nipote del kaiser guglielmo ii. Storie che si annidano nella memoria per non lasciarla mai più: il ladoga, simile a 'un'immensa lastra di marmo bianco', dove sono posate centinaia e centinaia di teste di cavallo, recise da una mannaia; il console d'italia a jassy, sepolto dal freddo peso dei centosettantanove cadaveri di ebrei che sembrano precipitarsi fuori dal treno che li deportava a podul iloaiei, in romania; le mute di cani muniti di cariche esplosive che, in ucraina, i russi addestrano ad andare a cercare il cibo sotto il ventre dei panzer tedeschi. Storie, anche, malinconiche e gentili: quella dei bambini napoletani convinti dai genitori che gli aviatori inglesi sorvolano la città per gettar loro bambole, cavallucci di legno e dolci; o, ancora, quella delle ragazze ebree destinate al bordello militare di soroca. Storie che trascinano in un viaggio lungo e crudele, al termine del quale si vedrà l'europa ridotta a un mucchio di rottami.
'strano destino quello del 'codice di perelà': uno dei vertici assoluti della narrativa italiana del novecento, eppure destinato a tutt'oggi a rimanere un capolavoro per 'happy fews'; anche se l'autore stesso nel 1958 non aveva mancato di dichiarare senza ambagi la sua predilezione per l'opera: 'perelà è la mia favola aerea, il punto più elevato della mia fantasia'. Se da una parte va considerato un esempio precoce di antiromanzo, dall'altra va letto come una favola allegorica: allegoria di una società e allegoria dell'impossibile opera di salvazione universale tentata, con la sua sola presenza e come 'malgré lui', dal protagonista, perelà, l'uomo di fumo. Non per niente l'opera ricalca in alcuni punti salienti la vita di cristo. Favola allegorica; romanzo ermetico che preclude gelosamente il proprio segreto; farsa, opera buffa, romanzo aperto, antiromanzo; opera impegnata sia pure indirettamente con le tensioni sociali del proprio tempo; libera fantasia poetica: coi suoi diversi piani e i molteplici suoi elementi, 'il codice di perelà' sembra respingere le interpretazioni onnicomprensive. Ma solo queste saranno all'altezza di un romanzo così vario, ricco e profondo: un libro che non smette di crescere col tempo che lo separa dalla sua apparizione. ' (dallo scritto di luciano de maria)
La vigilia di natale, dopocena, gli uomini si siedono in cerchio attorno al camino a fumare la pipa, sorseggiando bicchieri di punch: non potrebbe esserci momento migliore per raccontare vecchie storie di fantasmi. D'altronde, se 'è risaputo che a natale tutti ne hanno già abbastanza di dover sopportare una casa piena di parenti vivi, senza bisogno che anche i fantasmi di quelli morti si mettano in testa di farsi una passeggiata' è anche vero che 'i fantasmi vanno sempre a passeggio la vigilia di natale, e quando i vivi si riuniscono la vigilia di natale, finiscono sempre col parlare di fantasmi'.
Nei racconti del ciclo pietroburghese la capitale (che all'ucraino gogol appare come una città non russa, splendida facciata di un edificio ormai in rovina dove si conduce una vita vuota, esteriore, alienata) si fa al tempo stesso scenario grottesco e sinistro burattinaio di quella
Che fine ha fatto la menorah, il simbolo per eccellenza del popolo ebraico che illuminava l'arca del tempio di gerusalemme? Dopo la distruzione del tempio e il saccheggio della città, nel 70 d. C . , fu portata a roma, in trionfo da tito insieme agli altri tesori trafugati agli ebrei, un bottino talmente prezioso da essere raffigurato sull'arco dell'imperatore. Per anni il candelabro fu conservato insieme con le altre spoglie della prima guerra giudaica, finché a roma arrivarono i vandali di genserico che ne fecero ancora bottino di guerra portandola a cartagine, di nuovo in trionfo. Ma solo finché giustiniano non riuscì a recuperarla per trasferirla a bisanzio, poi chissà. Stefan zweig racconta il suo vagare come metafora stessa del popolo errante, pochi anni prima di porre fine alla propria esistenza di esiliato, in fuga dall'oppressione nazista. Nella postfazione fabio isman si mette a sua volta alla ricerca della menorah per scoprire che potrebbe trovarsi ancora a roma.
'e così quella era chris e le sue letture e la sua scuola, e di chris ce n'erano due che combattevano per conquistarle il cuore e la tormentavano. Un dato giorno odiavi la terra e la parlata sgarbata della gente e l'istruzione era una gran bella cosa; e il giorno dopo ti svegliavi con le pavoncelle che strillavano di là dalle colline, profonde profonde, ti strillavano nel cuore, e l'odore della terra in faccia, che quasi ci piangevi, quant'era bello e quant'era dolce la terra e il cielo scozzese. ' e questa dunque è chris guthrie ragazza, protagonista di 'canto del tramonto'. Memorabile è ogni sua apparizione nel romanzo, e sorprendente l'intima franchezza di pensiero, tutta femminile, con cui dirime la contesa tra mente e cuore, tra terra e cielo.
Nell'ungheria di inizio novecento le crisi politiche si succedono: l'equilibrio della monarchia austroungarica è sempre più precario, l'instabilità sta portando il paese al collasso e l'aristocrazia, che fino ad allora ha retto i destini dello stato, dimostra tutta la sua inettitudine. Attraverso gli occhi dei tre protagonisti - il giovane conte bàlint abàdy, che è appena tornato da una missione diplomatica all'estero per assumere un ruolo di alta responsabilità politica; suo cugino làszló gyeröffy, un artista promettente; e la sua amica adrienne miloth, una sposa infelice - il romanzo rivela al lettore gli avvenimenti politici e sociali che portarono alla caduta dell'impero. Grandi battute di caccia, balli sontuosi, duelli, corse a cavallo, banchetti, fortune dilapidate al tavolo da gioco, sono lo sfondo di questo appassionante e profetico romanzo: il perfetto ritratto di una classe sociale che era in procinto di scomparire per sempre. Scritto negli anni trenta e prima parte di una trilogia, 'dio ha misurato il tuo regno' è pervaso da un profondo senso di smarrimento e di perdita che accomuna i protagonisti, tutti a loro modo 'senza qualità', ma al tempo stesso insoddisfatti della propria esistenza; l'ungheria nel suo complesso, che anche per proprie colpe si sta ormai lasciando alle spalle i decenni di maggiore ricchezza per avviarsi verso una lunga fase di decadenza; e la transilvania in particolare che dovrà fare i conti con gli imprevedibili sviluppi della politica.
Il personaggio di gian burrasca, al secolo giannino stoppani, vede la luce sulle pagine del 'giornalino della domenica', fondato da vamba nel 1907. Il suo diario, tanto segreto quanto fittizio, intratterrà i giovani lettori per 55 puntate settimanali, poi raccolte in volume nel 1920. Ogni giorno giannino, senza timore di verità, annota sul suo diario una lunga e ininterrotta messe di marachelle, insubordinazioni, disastri. Rinchiuso dai genitori in collegio nel tentativo di imbrigliare la sua indole ribelle, continuerà la sua opera di protesta, schierandosi senza mezzi termini contro il mondo dei 'grandi', dei genitori, degli adulti. Lontano dai lacrimevoli intenti edificanti di 'cuore' e 'pinocchio', vamba regala al suo protagonista - e ai suoi lettori - la coscienza tranquilla di chi sa di non avere agito per malizia, ma solo per esuberanza o a fin di bene.
Premio bancarella 1968. La famiglia del vecchio patriarca meshulam moskat attraversa gli anni che dall'inizio del novecento scendono fino alla seconda guerra mondiale e alla 'soluzione finale' messa in atto dal regime nazista. Ma il vero protagonista di questo possente romanzo è l'ostjudentum, la società ebraico-orientale - in particolare quella di varsavia - con la sua complessa e densa cultura. Nel racconto di singer la ricchezza immensa di quella civiltà rivive, con minuzia realistica e visionaria, col respiro delle vicende private e il soffio della storia. Magistrale affresco di un periodo cruciale della storia europea, 'la famiglia moskat' è una delle più alte testimonianze di quel mondo che scomparve tra gli orrori dell'olocausto. Introduzione di giorgio montefoschi.
''il banchiere anarchico' è il resoconto di un semplice colloquio tra due uomini al tavolo di un ristorante, a fine pranzo. Un dialogo platonico, genere ricorrente nei manoscritti di pessoa, ma che è ben diverso dalle imitationes rinascimentali, come, per esempio, per rimanere in area portoghese, i 'dialogos em roma' di francisco de holanda o i più tardi quattro 'apologos dialogais' di francisco manuel de melo. In pessoa il dialogo non ha mai interlocutori reali. E nel nostro caso il banchiere, personaggio descritto come ricchissimo e monopolista, racconta come e perché sia sempre stato e ancora sia anarchico; mentre lo stupefatto e poco meno che muto spettatore è incapace di ergersi a convincente interlocutore. ' (ugo serani)