Per scrivere 'l'erede' gianfranco bettin condusse una vera inchiesta sul caso di pietro maso, cercando di individuare le motivazioni profonde e le influenze del contesto che potevano aver portato un giovane di provincia prima a escogitare con totale freddezza e poi a portare a termine con efferatezza la strage dei propri genitori, aiutato da alcuni amici, la compagnia del bar, e soltanto per intascare l'eredità. L'episodio non sconvolse solo il paese di montecchia di crosara, la località veneta apparentemente tranquilla e dal benessere crescente negli anni ottanta dove si era verificato il delitto, ma tutta l'italia che non seppe darsi ragione dell'accaduto. Eppure non sarà un caso isolato. Episodi del genere si ripeteranno, non ultimo quello di erika e omar, i due fidanzatini adolescenti che uccisero la madre e il fratellino di lei, con predeterminazione e spietatezza. Ma come è possibile arrivare a tali livelli di violenza, a maggior ragione all'interno del nucleo familiare? Quale sistema di valori fa sprigionare questa furia omicida e che ruolo vi gioca il contesto sociale e culturale? Bettin, con una narrazione in presa diretta, che si legge come un romanzo, offre alcuni spunti di riflessione acuti e di straordinaria attualità su queste vite 'normali' ma dagli esiti atroci.
Evangelos arness, un uomo di mezza età, conduce una doppia vita: con lo pseudonimo di evans arness è un giornalista intransigente che lancia critiche severe alla società, mentre col nome di eddie anderson lavora in una grossa agenzia pubblicitaria e mentendo con slogan commerciali garantisce un tenore di vita decisamente borghese alla sua famiglia. Questo 'compromesso' sembra funzionare a meraviglia, finché l'incontro con la giovane gwen lo costringe a uscire dagli schemi e dalle ipocrisie per guardarsi finalmente allo specchio: tra piccole tragedie domestiche, sbronze colossali, provocazioii e gesti liberatori, evangelos/evans/eddie decide di gettare tutto all'aria, per provare a ricominciare a vivere. Pubblicato nel 1967, 'il compromesso' anticipa con grande lucidità la rivolta contro quei valori della media borghesia contestati poi negli anni '70, smascherando la natura e la sorte del sogno americano, ormai ridotto a incubo in technicolor.
I capitoli in cui è diviso il libro sembrano scandire i momenti di un'autobiografia: la prigionia nei campi di lavoro nazisti narrata con attenzione al fiorire della solidarietà anche nelle circostanze più drammatiche; il ritorno a casa e il lavoro come avventizio al servizio catastale, esemplare microcosmo di contadini e montanari, dove è possibile seguire sulle mappe e sui documenti l'intreccio delle varie vicende familiari; la vita quotidiana al paese, con i suoi personaggi salienti. Il titolo allude sia alla particolare posizione geografica di quel crocevia di genti, di lingue ed esperienze, che a quello speciale momento che è caro all'ispirazione dell'autore: il trapasso struggente di età e stagioni, che ogni anno trova la sua dimensione poetica nel disgelo.
Beaufort è un castello eretto dai crociati sulle alture del libano meridionale. Nel 1982 diventa un avamposto dell'esercito israeliano, che lo tiene fino al 2000. Proprio nell'ultimo anno dell'occupazione arriva a beaufort erez, un ufficiale poco più che ventenne, durissimo ma capace di stabilire un forte legame con i suoi soldati, deciso a combattere per la sua patria. Ma a beaufort non si combatte: si sta, come in una trincea della grande guerra, a prendere colpi di mortaio sparati da un nemico invisibile, hezbollah. E mentre aspettano l'ordine di abbandonare il castello, i soldati continuano a morire, senza scopo. Il racconto in prima persona di erez riesce a restituire l'atmosfera dell'assedio, la paura di una morte sempre in agguato, la vitalità di ragazzi intrappolati in una guerra assurda.
Edith è una donna apparentemente forte, allegra e sorridente, ma qualcosa di oscuro si annida dentro di lei. Edith cerca di non dare troppo peso a quei momenti di buio, che a volte l'assalgono senza una ragione precisa e con questa serenità affronta anche il divorzio dal marito. Edith, per sfuggire al grigiore della propria esistenza, incomincia a costruirsi un'altra vita nelle pagine del suo diario, in cui il figlio scapestrato è un brillante ingegnere con una moglie carina e una nipotina adorabile. Forse una semplice valvola di sfogo, se non che nella vita reale edith comincia a sentirsi strana, come se qualcosa si stesse lentamente incrinando dentro di lei. Dietro la tranquillità si apre l'anticamera della follia.
La tesi del nuovo libro di fiamma nirenstein è semplice: israele è un modello positivo di convivenza civile, proprio perché è fondato su un'ideologia - il sionismo - che propone un modo di vita insieme laico e carico di valori, attento ai bisogni della collettività e alla libertà degli individui, fondato sulla pace e sul progresso, alieno per sua natura dalla violenza. Quante volte, invece, abbiamo sentito la stampa internazionale, i partiti di sinistra europei, le organizzazioni non governative, ministri e diplomatici di grandi nazioni, l'onu stessa paragonare il sionismo all'imperialismo o addirittura al razzismo, e accusare israele di colonialismo e crimini di guerra? Uno pseudopacifismo a senso unico che, per malafede o per incoscienza, non abdica al pregiudizio - storicamente infondato - secondo cui israele occupa territori che non gli spettano. Quel che è nuovo, oggi, è che israele e tutti i suoi abitanti, sia ebrei sia arabi, sono direttamente minacciati di estinzione da parte del terrorismo suicida e di coloro che - come hezbollah in libano, hamas in palestina e l'iran di ahmadinejad, imminente potenza nucleare - negano che l'olocausto sia un dato della storia, che israele sia uno stato legittimo e sovrano, e anzi affermano apertamente di voler cancellare il
Molto è stato detto per celebrare la figura eroica di paolo borsellino. Molto poco invece si sa degli ultimi 56 giorni della sua vita, dalla strage di capaci all'esplosione di via d'amelio, quando qualcuno decide la sua condanna a morte. Lo bianco e rizza ricostruiscono quei giorni drammatici con l'aiuto delle carte giudiziarie, le testimonianze di pentiti e di ex colleghi magistrati, le confidenze di amici e familiari. E ci restituiscono le pagine dell'agenda scomparsa nell'inferno di via d'amelio, in cui borsellino annotava le riflessioni e i fatti più segreti. Qualcuno si affrettò a requisirla: troppo scottante ciò che il magistrato aveva annotato nella sua corsa contro il tempo, giorno dopo giorno. Chi incontrava? Chi intralciava il suo lavoro in procura? Quali verità andava scoprendo? E perché, lasciato solo negli ultimi giorni della sua vita, disse: 'ho capito tutto. Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri'?
È il 1938 in india, un tempo di aspri conflitti e mutamenti. Le moderne idee del mahatma gandhi cominciano a diffondersi e a scuotere le fondamenta dell'antica società tradizionale. Chuya ha ora 8 anni, ne aveva 6 quando è stata fidanzata a un uomo anziano legato alla sua famiglia, 7 quando si è sposata. Ora, però, il marito è morto e lei, secondo l'antica consuetudine hindu, è stata condotta nell'ashram delle vedove dove dovrebbe vivere in penitenza sino al giorno della sua morte. Nella mente della dolce e piccola chuya, però, fioriscono già le moderne idee di ribellione. Quando perciò la sua amica kalyani, una bellissima vedova-prostituta, stringe una relazione clandestina e proibita con un giovane idealista gandhiano appartenente alla buona società indiana, è chuya a guidare la rivolta nell'ashram delle vedove.
Fra i grandi scrittori del nostro secolo, joseph roth è forse quello che più di ogni altro ha conservato il gesto inconfondibile del narratore – quel favoloso personaggio che racconta storie senza fine ed è quasi l'ombra di tutta la letteratura. Con frasi nitide e lineari, scandite da un perfetto respiro, joseph roth ha raccontato in molti romanzi, e sotto le più diverse luci, il grande evento dell'inabissarsi del suo mondo, che era al tempo stesso l'impero absburgico e la singolarissima civiltà ebraica dell'europa orientale, entrambi condannati alla rovina e alla dispersione. Ma se c'è un libro che è l'emblema intatto di questo avvenimento e anche di tutto il destino del suo autore è proprio la cripta dei cappuccini, lucidissimo, accorato epicedio scritto da roth esule e disperato nel 1938.
Le eroine dei fumetti le invitano a essere belle. Le loro riviste propongono test sentimentali e consigli su come truccarsi. Nei loro libri scolastici, le mamme continuano ad accudire la casa per padri e fratelli. La pubblicità le dipinge come piccole cuoche. Le loro bambole sono sexy e rispecchiano (o inducono) i loro sogni. Questo è il mondo delle nuove bambine. Negli anni settanta, elena gianini belotti raccontò come l'educazione sociale e culturale all'inferiorità femminile si compisse nel giro di pochi anni, dalla nascita all'ingresso nella vita scolastica. Le cose non sono cambiate, anche se le apparenze sembrano andare nella direzione contraria. Ad esempio, libri, film e cartoni propongono, certo, più personaggi femminili di un tempo: ma confinandoli nell'antico stereotipo della fata e della strega. Sembra legittimo chiedersi cosa sia accaduto negli ultimi trent'anni, e come mai coloro che volevano tutto (il sapere, la maternità, l'uguaglianza, la gratificazione) si siano accontentate delle briciole apparentemente più appetitose. E bisogna cominciare con l'interrogarsi sulle bambine: perché è ancora una volta negli anni dell'infanzia che le donne vengono indotte a consegnarsi a una docilità oggi travestita da rampantismo, a una certezza di subordine che persiste, e trova forme nuove persino in territori dove l'identità è fluida come il web.