Svolgimenti inattesi e finali imprevedibili, sorprese e invenzioni fantastiche in una narrazione pervasa di simboli e allegorie che trasformano vicende apparentemente minimali in rappresentazioni dell'universale condizione umana. L'arte di dino buzzati rappresenta una trasfigurazione potente e vigorosa della realtà e dell'angoscia dell'uomo, sublimata in atmosfere di suggestione metafisica. Con le sue fantastiche immersioni nei misteri della vita quotidiana e i suoi personaggi così strani eppure così veri, dino buzzati consegue, racconto dopo racconto, il suo scopo: «divertire e commuovere» il lettore, attirandolo nel suo mondo incantato per coinvolgerlo emotivamente, sorprenderlo e anche spaventarlo.
Un romanzo sui forti sentimenti e sulle passioni negative che inquinano l'animo umano, la storia di un uomo che, simile a satana, volle sentirsi uguale a dio, divenendo strumento della giustizia e della provvidenza divine. Il capolavoro di alexandre dumas, racconta le vicende di edmond dantès. Sbarcato a marsiglia con il pharaon, la nave mercantile di cui sta per essere nominato capitano, dantès viene arrestato nel mezzo della sua festa di fidanzamento con la bella catalana mercedes e accusato di bonapartismo. Dietro il suo arresto c'è l'invidia di tre uomini per la sua felicità e il suo successo: il pescatore fernando, suo rivale in amore, il contabile danglars, che aspira a conquistare il suo posto, e caderousse, un amico geloso. Nonostante proclami la sua innocenza, dantès viene incarcerato nel castello d'if, terribile prigione in mezzo al mare. Qui fa la conoscenza dell'abate faria, uomo intelligente e coltissimo, che gli racconta di un tesoro nascosto sull'isola di montecristo. Quando, dopo 14 anni, edmond riesce finalmente a fuggire, si impossessa di questo tesoro. Divenuto ricchissimo, torna in francia con il nome di conte di montecristo e un unico obiettivo: vendicarsi.
Sono tutte in lacrime, le cameriere ebree del praga, alla vigilia delle nozze del padrone: certo, hanno sempre saputo che lui andava a letto con tutte, «eppure ognuna era convinta in cuor suo che con lei si sarebbe comportato in modo diverso. L'avrebbe portata via dalla cucina per sistemarla dietro al bancone e metterla alla cassa a contare il denaro». Ora, però, che nell'annuncio affisso in vetrina c'è scritto, nero su bianco, che «in onore del felice e fortunato matrimonio del proprietario di questo ristorante, sender prager, con la sua fidanzata, edye barenboim» i poveri del quartiere riceveranno un piatto di crauti e salsicce, hanno perso ogni speranza. Si è fidanzato all'improvviso, «quell'uomo solido e vigoroso, dagli occhi lucenti e dai capelli neri impomatati»: perché all'improvviso, a quarantaquattro anni, ha avuto paura della vecchiaia e della solitudine. Così, lui che delle donne non si è mai fidato, si è lasciato indurre dal suo rabbi a sposare quella ragazza di buona famiglia hassidica che ha la metà dei suoi anni e lo guarda «con i suoi grandi occhi neri impauriti». «dio del cielo,» implorano le cameriere «fagli pagare la nostra umiliazione. ». Al lettore scoprire, in questo magnifico e crudele racconto lungo del fratello «più talentuoso» di isaac b. Singer (come ha scritto harold bloom), se colui che tutto può le ascolterà.
«credette di sentire impresso sulle sue labbra un marchio di fuoco, un bacio più bruciante del ferro rovente del boia. »la cattedrale di notre-dame è il cuore di parigi, città in cui si incrociano i destini di quasimodo, il campanaro deforme che salva dall'impiccagione la bella zingara esmeralda, di gringoire, il poeta pazzo e girovago, del nobile ufficiale phoebus, di frollo, l'arcidiacono dall'anima nera, e della folla tumultuante dei reietti. Grandioso affresco a tinte forti, ricco di colpi di scena, il romanzo – popolato da ombre sinistre – incarna i temi del romanticismo: la storia come luogo d'azione; il popolo che per la prima volta entra a viva forza nella letteratura; il raffronto tra l'orrido e il bello e, soprattutto, il bene sconfitto dal male. Introduzione di victor brombert.
Scritto a 22 anni e fin'ora inedito in italia, il serpente è il romanzo di esordio che consacrò stig dagerman come uno dei giovani autori di maggiore talento della sua generazione. «il serpente è ovunque, trattenuto dal seducente gioco a nascondino in cui, con estro spietato, è costantemente impegnata la prosa di dagerman, preso nel balletto delle ripetute dissimulazioni, nella fittissima rete di metafore per cui ogni cosa appare è un'altra cosa» - alessandra iadicicco, la lettura «una storia di guerra, una metafora dell'assurdo» - leonardo g. Luccone, robinson quando nel 1945 stig dagerman pubblicò il serpente fu accolto dalla critica come l'enfant prodige della letteratura svedese per la sua sorprendente modernità e la sua prosa potente e precisa. Scritto durante la seconda guerra mondiale e ambientato in una svezia nervosamente neutra in allerta militare, il serpente riflette tutta la sensibilità dell'autore per l'inconscio, la giustizia sociale e la psicologia della paura. In un primo momento il serpente sembra essere una raccolta di racconti fino a quando, in un brillante sviluppo della narrazione, le diverse storie si uniscono per rivelare le strutture tematiche sottostanti. Stig dagerman scrive con uguale abilità dal punto di vista dei vari protagonisti, e attraverso di loro riesce a capire l'abisso dell'ansia e della paura sia dei soldati che della gente comune. Ed è sempre il serpente la materializzazione di questa paura: c'è il serpente catturato da bill, un soldato di seconda classe che lo usa per imporsi su coloro che lo circondano; c'è il serpente che, riportato da uno dei soldati nella caserma, fugge dalla sua prigione e diffonde il terrore nella manciata di uomini che sono rimasti in questo immenso edificio polveroso e vuoto dopo la partenza del reggimento. In linea con la ferma convinzione della necessità etica (e politica) di non cedere a nessuna forma di consolazione, e soprattutto di fiducia nel futuro – un'idea faticosamente portata avanti in tutte le sue opere successive – stig dagerman sostiene la necessità di affrontare l'ansia direttamente, con la consapevolezza e l'introspezione, perché forse «questa è l'unica opportunità che abbiamo di mettere alla prova noi stessi».
'È il volume monstre! È l'opera capitale nell'opera. ' così, in una lettera del 1843, balzac annunciava a madame hanska la scrittura di 'illusioni perdute': un'ampia narrazione che si colloca tra 'scene della vita di provincia' e 'scene della vita parigina' e che insieme a 'splendori e miserie delle cortigiane' compone un dittico imperniato sulla figura di lucien de rubempré. Opera esteticamente innovativa e alimentata dalle esperienze centrali nell'esistenza di balzac (i diversi mestieri del libro e della scrittura, dal tipografo al giornalista), 'illusioni perdute' narra infatti la vicenda di questo giovane di provincia bello, povero e ambizioso, parente stretto del rastignac di papà goriot, che sogna la gloria poetica e il successo mondano e si trasferisce a parigi sperando di procurarsi entrambi. Nella capitale finirà per perdere la propria integrità morale e, infine, ogni fortuna. Meno determinato e vitale di rastignac, rubempré rimane uno dei personaggi più scolpiti di balzac, tanto che un lettore esigente come oscar wilde ebbe a scrivere: 'chi avrà mai voglia di uscire per andare a una serata mondana e incontrarci il suo amico d'infanzia tomkins, quando può starsene a casa in compagnia di lucien de rubempré? ' . Con uno scritto di alessandro piperno.
La vigilia di natale, dopocena, gli uomini si siedono in cerchio attorno al camino a fumare la pipa, sorseggiando bicchieri di punch: non potrebbe esserci momento migliore per raccontare vecchie storie di fantasmi. D'altronde, se 'è risaputo che a natale tutti ne hanno già abbastanza di dover sopportare una casa piena di parenti vivi, senza bisogno che anche i fantasmi di quelli morti si mettano in testa di farsi una passeggiata' è anche vero che 'i fantasmi vanno sempre a passeggio la vigilia di natale, e quando i vivi si riuniscono la vigilia di natale, finiscono sempre col parlare di fantasmi'.
Che fine ha fatto la menorah, il simbolo per eccellenza del popolo ebraico che illuminava l'arca del tempio di gerusalemme? Dopo la distruzione del tempio e il saccheggio della città, nel 70 d. C . , fu portata a roma, in trionfo da tito insieme agli altri tesori trafugati agli ebrei, un bottino talmente prezioso da essere raffigurato sull'arco dell'imperatore. Per anni il candelabro fu conservato insieme con le altre spoglie della prima guerra giudaica, finché a roma arrivarono i vandali di genserico che ne fecero ancora bottino di guerra portandola a cartagine, di nuovo in trionfo. Ma solo finché giustiniano non riuscì a recuperarla per trasferirla a bisanzio, poi chissà. Stefan zweig racconta il suo vagare come metafora stessa del popolo errante, pochi anni prima di porre fine alla propria esistenza di esiliato, in fuga dall'oppressione nazista. Nella postfazione fabio isman si mette a sua volta alla ricerca della menorah per scoprire che potrebbe trovarsi ancora a roma.
'e così quella era chris e le sue letture e la sua scuola, e di chris ce n'erano due che combattevano per conquistarle il cuore e la tormentavano. Un dato giorno odiavi la terra e la parlata sgarbata della gente e l'istruzione era una gran bella cosa; e il giorno dopo ti svegliavi con le pavoncelle che strillavano di là dalle colline, profonde profonde, ti strillavano nel cuore, e l'odore della terra in faccia, che quasi ci piangevi, quant'era bello e quant'era dolce la terra e il cielo scozzese. ' e questa dunque è chris guthrie ragazza, protagonista di 'canto del tramonto'. Memorabile è ogni sua apparizione nel romanzo, e sorprendente l'intima franchezza di pensiero, tutta femminile, con cui dirime la contesa tra mente e cuore, tra terra e cielo.
Nell'ungheria di inizio novecento le crisi politiche si succedono: l'equilibrio della monarchia austroungarica è sempre più precario, l'instabilità sta portando il paese al collasso e l'aristocrazia, che fino ad allora ha retto i destini dello stato, dimostra tutta la sua inettitudine. Attraverso gli occhi dei tre protagonisti - il giovane conte bàlint abàdy, che è appena tornato da una missione diplomatica all'estero per assumere un ruolo di alta responsabilità politica; suo cugino làszló gyeröffy, un artista promettente; e la sua amica adrienne miloth, una sposa infelice - il romanzo rivela al lettore gli avvenimenti politici e sociali che portarono alla caduta dell'impero. Grandi battute di caccia, balli sontuosi, duelli, corse a cavallo, banchetti, fortune dilapidate al tavolo da gioco, sono lo sfondo di questo appassionante e profetico romanzo: il perfetto ritratto di una classe sociale che era in procinto di scomparire per sempre. Scritto negli anni trenta e prima parte di una trilogia, 'dio ha misurato il tuo regno' è pervaso da un profondo senso di smarrimento e di perdita che accomuna i protagonisti, tutti a loro modo 'senza qualità', ma al tempo stesso insoddisfatti della propria esistenza; l'ungheria nel suo complesso, che anche per proprie colpe si sta ormai lasciando alle spalle i decenni di maggiore ricchezza per avviarsi verso una lunga fase di decadenza; e la transilvania in particolare che dovrà fare i conti con gli imprevedibili sviluppi della politica.