Questo libro è il romanzo, intessuto di ricordi, rimpianti, incontri casuali, telefonate nella notte, dolorose rivelazioni, di una giovinezza e delle amicizie perdute. Il piccolo mordecai richler di sabato non poteva accendere o spegnere la luce, rispondere al telefono o ascoltare la radio. Nei giorni che precedevano lo yom kippur faceva roteare una gallina sopra la testa per scaricare sull'animale terrorizzato tutti i peccati dell'anno trascorso. A tredici anni, quando ormai è diventato un 'apikoros', un miscredente, si converte alla fede laica, socialista e sionista degli habonim, ansiosi di approdare quanto prima in palestina e fondarvi uno stato ebraico. Alla fine richler non emigrerà nella terra promessa. La visiterà due volte.
A isla desolacion, terra inospitale al largo di capo horn, viene localizzato un gigantesco meteorite. Un eccentrico miliardario americano vuole a tutti i costi quel reperto e finanzia una spedizione navale di
Presentando sconcertanti dati di fatto e ricorrendo agli apporti di diverse discipline, dall'antropologia all'ecologia, rifkin in questo libro formula una precisa accusa verso la
New york, museo di storia naturale: durante l'allestimento di una importante mostra, alcuni visitatori vengono uccisi barbaramente nei bui corridoi dell'edificio. A nulla vale il presidio di ogni sala da parte di polizia e fbi: all'approssimarsi dell'inaugurazione, nuove inquietanti sparizioni turbano i lavori. La serie di omicidi è in realtà cominciata molto tempo prima, ma è sempre stata coperta per difendere l'immagine dell'istituzione. Le indagini degli agenti, tra cui il brillante aloysius pendergast, riconducono a una spedizione effettuata anni prima nella foresta amazzonica. Che cosa avevano scoperto i ricercatori del museo? E chi – o che cosa – si nasconde nei suoi sotterranei?
Il libro è un'autobiografia scanzonata e irriverente dei primissimi anni di vita della scrittrice. La scoperta del gusto, del peccato, della potenza e della fascinazione della parola impegnano il tubo-amélie, apparentemente inerte. In una compulsione di pensieri e metafore l'autrice consegna al dubbio di tutti i tempi, del nostro tempo, una sola formula corrosiva che condensa irrequietezza e catarsi: 'vivere è rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell'orifizio del lavandino'.
Palamède bernardin è l'ingombrante vicino di casa di emile e juliette, una coppia di anziani coniugi che decidono di ritirarsi in campagna per trascorrere gli ultimi anni della loro vita in una felice cornice bucolica. Ma i due vengono quotidianamente perseguitati da un vicino obeso e silenzioso, palamède appunto, che tuttti i pomeriggi, rende loro visita invadendo, con la sua enorme mole, il salotto. E le cose si complicano ulteriormente quando a queste riunioni silenziose si unirà anche la moglie di palamède, bernadette, un essere informe.
«più che l'analisi d'un affetto, che il racconto di una passione d'amore, io faccio forse qui la diagnosi di una malattia. Quell'amore io non l'ho sentito, l'ho subito». Tale, al protagonista di questo romanzo di igino ugo tarchetti (1839-1869), esponente di spicco del movimento letterario della scapigliatura morto a soli trent'anni, appare la sua vicenda con fosca, donna di straordinaria bruttezza e insieme di intenso fascino. La vicenda si snoda in un singolare gioco di specchi, di parallelismi rovesciati: giorgio e clara, fosca e il marito, fosca e giorgio riprendono e rivivono, capovolgendola, mutandone i ruoli reciproci, un'unica storia, in un susseguirsi di variazioni sul tema di un amore che ha bagliori vampireschi, quando uno dei due elementi della coppia divora la vita dell'altro per infondergli il suo inquieto malessere, il suo senso di morte. E a fare da sfondo, da controcanto a questo intrecciarsi di storie di inquietante modernità, l'immobile vita di guarnigione di una cittadina dell'ottocento, dove le acque morte della consuetudine si richiudono sull'irrisolto groviglio di passioni e di sentimenti.
Nel sottosuolo della metropoli, sotto la luce fredda dei neon, ventuno persone aspettano il prossimo convoglio. Nel tempo sospeso dell'attesa, i pensieri prendono un ritmo particolare, che conosciamo bene. È il ritmo della folla solitaria, quando affiorano ricordi e paure, sogni e angosce, rabbie e desideri. Quelli che traccia culicchia sono venti autoritratti della solitudine, senza filtri e senza meditazioni: sottofondi di banalità quotidiana, accordi di un'esperienza interiore ormai esplosa, echi sincopati di cronaca nera, assoli lancinanti di identità sempre più fragili, nostalgie di corpi segnati dalla violenza e dalla tenerezza.
Paula, nata il 22 ottobre 1963, è una ragazza felice, innamorata del marito, appassionata del suo lavoro. La sua è una vita semplice, che non ha niente a che vedere con quella di sua madre isabel. Due donne, due destini diversi. Improvvisamente paula si ammala di una malattia gravissima, la porfiria, che la trascina in un coma da cui non c'è ritorno. Isabel accorre al suo capezzale per cercare di trattenerla in vita, o forse per accompagnarla dolcemente verso la fine. Con la scrittura la madre-scrittrice cerca di
'interismi' mescola entusiasmi recenti e inevitabili memorie, opinioni fulminanti e citazioni classiche seguite da discussioni omeriche (se l'inter è ettore e la juve è achille, il milan è patroclo o ulisse? ) . Insieme ai giudizi sulle squadre rivali e ai ritratti dei giocatori neroazzurri, ci sono le 'interviste impossibili' a peppino prisco (che si è temporaneamente giocato il paradiso coi commenti su lazio-inter). 'interismi' dimostra come la passione sportiva non debba nutrirsi d'odio e aggressività. Bastano l'affetto, l'entusiasmo e quell'autoironia sentimentale diventata ormai il marchio dell'internazionale football club.