Il premio pulitzer eric licthblau ci regala con questo libro la ricostruzione di fatti che credevamo di conoscere, ma che nessuno prima di lui aveva raccontato nei particolari. Eric lichtblau ha controllato meticolosamente documenti inediti e ha raccolto preziose testimonianze, ricostruendo i fatti di una storia vera che ha dell'incredibile. Leggendo queste pagine si ha l'impressione di avere davanti agli occhi la sceneggiatura di un film di fantaspionaggio: la storia di come l'america divenne un rifugio sicuro per gli uomini di hitler. È ampiamente noto che dopo il crollo del terzo reich migliaia di gerarchi nazisti trovarono rifugio in sudamerica. Criminali di guerra come mengele, eichmann, priebke, barbie e numerosi altri fuggirono indisturbati, avvalendosi dell'assistenza di una misteriosa ed efficiente organizzazione, nome in codice odessa, che operava in tutta europa anche con l'aiuto di alte autorità ecclesiastiche e della croce rossa. Si sospettava che dopo la guerra molte centinaia di nazisti si fossero insediati indisturbati anche negli stati uniti. Incredibilmente, molti di loro, benché riconosciuti come criminali di guerra, furono reclutati dall'fbi e dalla cia e utilizzati come informatori negli anni della guerra fredda. A molti furono ribaltate le imputazioni a loro carico grazie all'intervento diretto del capo dell'fbi, j. Edgar hoover.
Michael moore, incubo degli 'stupid white men' di tutto il pianeta, è tornato più scatenato che mai con un obiettivo semplice e chiaro, per nulla ambizioso: l'uomo che si è intrufolato nella casa bianca grazie all'aiuto non proprio disinteressato dei suoi amici petrolieri deve sloggiare. Ma nell'occhio del ciclone non c'è solo il povero george w. : gli tengono compagnia sulla graticola quei famelici megaboss delle multinazionali che hanno rubato miliardi dai risparmi e dalle pensioni dei loro dipendenti, quei legislatori che hanno fatto a pezzi le libertà civili americane in nome della 'sicurezza della patria', nonché quel certo cognato destrorso che riesce, un anno dopo l'altro, a rovinare i pranzi di famiglia con le sue idiozie.
Se la guerra la raccontano le donne; se a farla raccontare è svetlana aleksievic; se le sue interlocutrici avevano in gran parte diciotto o diciannove anni quando sono corse al fronte per difendere la patria e gli ideali della loro giovinezza contro uno spietato aggressore, allora nasce un libro come questo 22 giugno 1941: l'uragano che hitler ha scatenato verso est comporta per l'urss la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di mosca. Centinaia di migliaia di donne vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione: infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte. Attraverso un lavoro di anni e centinaia di conversazioni e interviste, l'autrice ha ricostruito il volto della guerra al femminile, che ''ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue''.
Nel mondo politico e in gran parte del giornalismo italiano si assiste da tempo a un fenomeno: la 'scomparsa dei fatti'. Oggi sono spesso le opinioni a trasformarsi in fatti. In un paese dove lo scontro ideologico è diventato la prassi, gli esempi di questa situazione abbondano ovunque. Nella coscienza collettiva si radicano 'fatti' che non sono mai stati tali. Due soli esempi: è convinzione comune che il contingente italiano sia stato mandato in iraq a seguito di una risoluzione dell'onu. Falso: ci si è andati molto prima. Il ministro mussi ritiene giusto che il paese consenta all'unione europea la prosecuzione della ricerca sulle cellule staminali. Traduzione: mussi attacca la vita, i cattolici, e vuole abolire la legge corrente. Corrosivo come sempre, marco travaglio dimostra come l'informazione in italia, salvo rarissime eccezioni, abbia del tutto smarrito la sua funzione originaria.
Il libro presenta una conversazione con uno dei più apprezzati giornalisti italiani e una delle migliori coscienze critiche della sinistra italiana e internazionale, nella quale giulietto chiesa propone suggestioni e dà opinioni fuori dal coro ('marziane', anche per chi lo conosce) a beneficio di tutti coloro che non si sono rassegnati allo 'stato delle cose' imperante. La democrazia è seriamente minacciata. L'occidente per come lo conosciamo è finito, completamente snaturato, e le sue conquiste sono state cancellate attraverso la finzione di elezioni che, in gran parte, non rispondono più al minimo requisito di onestà e verità. In realtà, spiega chiesa, non tutto è perduto, vi sono spazi per dare vita a un nuovo umanesimo.
Il titolo di questa raccolta di reportage sui movimenti rivoluzionari a cavallo tra la fine degli anni sessanta e settanta richiama la figura del sacerdote colombiano vissuto tra i contadini dell'america latina e che, in sottana e con il fucile in spalla, andò a combattere in un reparto partigiano in colombia, dove morì. Al centro del libro, il tema del sacrificio e la lotta dell'essere umano per la dignità, la figura del ribelle dotato di una ferma convinzione etica. Uscito per la prima volta nel 1975
Sareste capaci di uccidere un uomo, per salvare la persona che più amate? Milano, maggio 1986. Damiano, 17 anni, ha due amici: il carismatico ivan ed ermanno, il debole del gruppo. La vita di damiano muta quando viene coinvolto da ivan in uno scherzo ai danni di ermanno. Uno scherzo che avrà un esito terribile. Nel 2011, damiano è un quarantenne che vive di lezioni private e sembra non desiderare altro che passare inosservato ed essere dimenticato. Ma la lunga mano del destino sta per colpirlo. Ermanno, che non si era più riavuto dall'incidente dell'86, si spara, e per vendicarlo sua madre impone a damiano un incarico atroce: uccidere ivan. In cambio gli promette qualcosa che lui non può rifiutare. Lo scambio sarà una vita per una vita. Ma solo a patto che damiano esca vincitore dal combattimento più difficile: quello con la propria coscienza.
La fiamma rossa è la bandierina che al tour de france segnala l'inizio dell'ultimo chilometro, il momento dell'allungo disperato e decisivo o della passerella trionfale del corridore che si impone per distacco, il culmine emotivo della corsa. In quasi venticinque anni come inviato prima della gazzetta dello sport, dal 1967 al 1972, e poi di repubblica, dal 1991 a oggi, gianni mura ha raccontato la storia del tour e ne ha fatto epica, poesia, cronaca di volti e paesaggi, di cibi e aneddoti paesani, narrazione raffinata e popolare dello sport più amato e maledetto. Nelle pagine di uno fra i più autorevoli e seguiti giornalisti sportivi italiani, allievo, amico ed erede del grande gianni brera, sfilano le fughe solitarie e tristi di ocaña e le morti di simpson e casartelli, le vittorie avide di anquetil e quelle generose e spavalde di chiappucci, il regno implacabile di miguel indurain e le promesse eternamente mancate da jan ullrich, la rinascita di lance armstrong trionfatore sugli avversari e sulla sua malattia, e poi il tempo di pantani, l'interprete improvviso e imperioso di un ciclismo perduto e fossile. Una summa di giornalismo e di ciclismo.
«qualcosa deve succedere, ecco la spiegazione di gran parte degli impegni che gli uomini prendono. Qualcosa deve succedere, sia pure la servitù priva di amore, sia pure la guerra, o la morte. » clamence, brillante avvocato parigino, abbandona improvvisamente la sua carriera e sceglie come quartier generale un locale d'infimo ordine, il mexico-city, ad amsterdam. Presa coscienza dell'insincerità e della doppiezza che caratterizza la sua vita, clamence decide di redimersi confessando e incitando (per sincerità, per virtù, per il gusto della dialettica) gli occasionali avventori della taverna portuale a confessare la loro 'cattiva coscienza'. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: clamence non si redime. L'eroe di camus secondo le sue stesse parole percorre una 'carriera di falso profeta che grida nel deserto e si rifiuta di uscirne'.